Il primo consiglio dei Ministri del governo Meloni

Il primo consiglio dei ministri del governo Meloni
Di Nicola Bono
Applicando la regola che la politica si valuta attraverso i contenuti e cioè le decisioni e le loro ricadute sui cittadini, appare corretto esaminare il primo decreto del nuovo governo a guida Meloni, che ha inquadrato quattro temi che sono stati definiti di discontinuità rispetto al governo Draghi, ed addirittura identitari per la maggioranza di governo.
In primo luogo quelli sulla Giustizia, ed in particolare sull’ergastolo ostativo e cioè sulla norma che la Corte Costituzionale aveva richiesto di modificare concedendo un anno al Parlamento per legiferare. La scelta del governo di insistere sul principio che non ci può essere alcuna concessione automatica ai benefici penitenziari per i condannati di mafia e di terrorismo non collaboratori di giustizia, aggiungendo due requisiti stringenti e cioè l’obbligo di risarcire i danni provocati e la dimostrabile cessazione di collegamenti attuali con l’organizzazione criminale o terroristica di appartenenza, è una scelta assolutamente condivisibile e corretta, che conferma la volontà della certezza della pena e della tutela della società da rischi di reiterazione a delinquere di soggetti pregiudicati, specie se rimessi in libertà.
Anche il rinvio della riforma Cartabia al 30 dicembre, che tante polemiche ha sollevato nel dibattito politico specialmente da parte delle opposizioni, limitatamente all’accoglimento della richiesta rivolta da 26 procuratori generali di avere più tempo per organizzare al meglio il nuovo processo penale, non può che trovare consenso da parte di qualsiasi cittadino desideri un processo giusto e celere. Anche alla luce del fatto che il rinvio al 30 dicembre rispetta i termini stabiliti dal PNRR.
Anche il terzo tema, che ha introdotto nell’ordinamento giudiziario un nuovo reato per chi organizza e partecipa ai rave party, è del tutto condivisibile sia per la difesa della proprietà privata, che per garantire ordine e sicurezza, oltre che per allineare l’Italia alla medesima impostazione giuridica degli altri Paesi, che da tempo hanno normato la questione.
Sul Covid, a parte le polemiche, le fughe in avanti e le retromarce dell’ultima ora sulle mascherine negli ospedali e nelle Rsa, che fortunatamente sono state confermate, emerge una sorta di liberi tutti che appare una forzatura ingiustificata, alla luce della oggettiva pericolosità del Covid e dei numerosi decessi, oltre che dell’approssimarsi, pur con ritardo, della stagione invernale.
Sostenere che le scelte in tema di Covid in precedenza sono state ideologiche, fa apparire allo stesso modo le recenti decisioni, dimenticando che la libertà nella visione della Destra è fondata sul principio del rispetto di legge e ordine, e quindi non appare educativa la decisione di equiparare i circa quattromila medici No Vax a tutti i medici che hanno rispettato la legge, perché piuttosto sembra che si ripeta la solita storia ciclica nel nostro Paese, per la quale le norme possono essere disattese, tanto prima o poi arriva una qualche sanatoria.
E questo aspetto non appare affatto come una discontinuità.
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