ECCO COME LA PERDITA DI 30.000 POSTI DI LAVORODIVENTA UN SUCCESSO DEL GOVERNO

ECCO COME LA PERDITA DI 30.000 POSTI DI LAVORO DIVENTA UN SUCCESSO DEL GOVERNO

Perché tutti i giornali del 2 dicembre hanno titolato “più aumento dell’occupazione e incremento del Pil all’1%” dando la sensazione di una svolta definitiva alla finora asfittica strategia di rilancio dell’economia nazionale? Il tutto ovviamente condito con i soliti autoreferenziali positivi commenti del premier Renzi che ha dichiarato “Il Pil ha abbandonato lo zero virgola ed è salito all’1%, finalmente l’Italia ha cambiato segno e ha preso la strada giusta” e del ministro dell’economia Padoan “l’economia cresce al ritmo più alto dal 2011 e crea lavoro. Il cambiamento aiuta” con chiaro riferimento all’esito del referendum. Ma questi dati sono davvero reali miglioramenti dei livelli produttivi e occupazionali del Paese?

E invece no perché si tratta dell’ennesimo capovolgimento della realtà per manipolare il consenso.

Infatti come già più volte è accaduto nel corso degli oltre 1000 giorni di governo Renzi, vengono utilizzate varie modalità di presentazione dei risultati economici e occupazionali, anche ricorrendo a riferimenti statistici disomogenei, per mistificare i reali risultati di una gestione economica fallimentare.

Nel caso in specie il Pil del trimestre luglio-settembre 2016 è effettivamente aumentato dello 0,254% che, in seguito ad una serie di arrotondamenti creativi in aumento, è stato elevato artificiosamente allo 03% e ha consentito, per appena uno 0,004% (pari al valore di 16 milioni di euro) di consentire a Renzi e Padoan di enfatizzare un Pil addirittura all’1% (che esiste solo nei loro sogni), quando invece in effetti, al netto degli arrotondamenti effettuati anche nei trimestri precedenti, a tutt’oggi lo posiziona a poco meno dello 0,8% su base annua.

Ancora peggio la situazione per quanto riguarda l’occupazione. Si è voluto presentare come un grande successo del governo un tasso di disoccupazione del mese di ottobre 2016 inchiodato all’11,6% (era l’11,7% a febbraio del 2016), oltre all’aumento di 174.000 occupati, pari allo 0,8% in più, mentre in realtà rispetto al mese di settembre venivano registrati a ottobre, ma ignorati dai giornali e dal governo, la perdita di ben 30.000 posti di lavoro (-0,1% degli occupati).

Non solo ma ciò che appare davvero grave è il dato degli inattivi, che tornano ad aumentare addirittura di 82.000 unità (+06%), smentendo in modo clamoroso i presunti successi che anche in questo campo nelle scorse settimane erano stati vantati dal governo.

Ecco perché gli “scienziati della manipolazione della credulità pubblica”, di mese in mese decidono su quale riferimento temporale è preferibile confrontare i dati e, non potendo utilizzare i risultati di ottobre sul mese precedente, perché perdenti, hanno preferito farlo sul mese di ottobre 2015, dove sembrava più facile trovare i precari punti d’appoggio per costruire i messaggi propagandistici sui presunti successi, che poi è l’unica cosa che davvero interessa a questo governo.

Peccato che ad un’attenta lettura, non siano affatto buoni risultati e gli interventi di Renzi e Padoan risultino ingiustificati e mendaci, poiché a parte gli arrotondamenti di comodo sul Pil, il tasso di disoccupazione è rimasto sostanzialmente uguale nel corso dell’anno, il tasso di occupazione è rimasto inchiodato al 57,2% e, soprattutto la presunta creazione di questi 174.000 occupati in più, lungi dall’essere un risultato positivo, è piuttosto la conferma del totale fallimento della strategia per l’incremento del lavoro basata sullo Jobs act , che ha registrato lo sperpero complessivamente di oltre 15 miliardi di euro di incentivi, che non hanno minimamente scalfito i nodi che impediscono qualsiasi politica di incremento occupazionale, che non può prescindere dall’avvio di convincenti politiche per lo sviluppo del Paese.

Ed è proprio la mancanza di strategie per lo sviluppo, che costituisce il vero tallone d’Achille di una compagine governativa che non ha alcuna visione strategica di come affrontare le sfide dei mercati e della globalizzazione, e che si ispira unicamente alle perverse e perdenti pratiche della prima Repubblica basate sulla distribuzione di mance e di fondi pubblici a pioggia e senza criterio, finanziati con il deficit e l’aumento del debito pubblico, aggravando giorno dopo giorno, senza prospettive e senza speranza, il declino del Paese.

Nicola Bono

Potrebbe anche interessarti...